L’Ottocento si apre con la caduta della Repubblica di Venezia (1797) e con le armate francesi insediate negli ex domini veneziani tra cui Padova dove, fino al 1813, si alternano il regime giacobino, austriaco e italico.
Con il decreto napoleonico di Saint-Cloud, del 1806, l’Università di Padova viene eguagliata a quelle di Pavia e di Bologna e l’autonomia di cui aveva goduto per secoli, viene ora negata nel nome di un’università nuova. Scompare la distinzione tra Universitas Iuristarum e Universitas Artistorum e scompaiono anche le nationes; il rettore inoltre, eletto dal viceré, diventa il tramite principale tra l’università e il governo centrale.
Con l’inizio della terza dominazione austriaca, comincia un periodo di relativa stabilità e lo Studio perde del tutto la sua antica fisionomia. Nonostante il rigoroso controllo austriaco sulla struttura amministrativa e l’insegnamento, l’Università si mantiene fedele alle sue antiche tradizioni sia nel valore e nella responsabilità di molti docenti, sia nel merito degli studenti tra i quali rimane vivo lo spirito di libertà e indipendenza che nei secoli aveva distinto l’Ateneo; spirito che è alla base anche dell’insurrezione studentesca dell’8 febbraio del 1848 (e delle altre che si verificheranno fino al 1866) che vede uniti nella rivolta contro gli austriaci studenti e cittadini.
Con l’annessione del Veneto al Regno d’Italia (1866) si apre una nuova fase per l’Università padovana che nel 1872 viene parificata alle altre del Regno e torna ad avere un’identità che si proietta anche fuori dai confini nazionali.
Palazzo Bo non è più sufficiente ad accogliere tutte le scuole e ha inizio quindi, verso la fine del secolo, la politica di decentramento degli istituti scientifici.
