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Le levatrici

La presenza femminile in Università rimase limitata a singole eccezioni fino agli inizi dell’Ottocento, quando fa la sua comparsa una categoria di studentesse specifica: le levatrici.

La sempre maggiore attenzione posta sulla nascita e sulle partorienti da parte delle istituzioni, anche per motivi politici, fece nascere la necessità che le assistenti al parto (le “mammane”) fossero regolamentate e fornite di una adeguata formazione professionale. Sin dal 1815/1816, il primo anno accademico sotto il Governo Lombardo-Veneto, viene introdotto il corso di formazione ostetrica per le levatrici, di durata annuale, che però viene “insegnata in separate lezioni … fuori del locale dell’I.R. Università”.

Ancora nell’anno accademico 1817/1818 la norma non stabilisce in modo definitivo lo svolgimento di tale formazione, per cui “essa (è) frattanto disimpegnata dal prof. provv. sig. dott. Lorenzo Fabris, in lingua italiana, ogni giorno, alla mattina dalle 10-11”. Il libro di testo è “La levatrice moderna di Orazio Valota, colle correzioni ed annotazioni di Giuseppe Chiapperi”. Negli anni successivi il corso viene definito in modo più chiaro, organizzato in due semestri, con gli insegnamenti di Ostetricia teorica e Ostetricia pratica. Nel 1818 risultano le prime abilitate.

L’organizzazione del corso subirà solo minime variazioni nei successivi decenni. Le lezioni si svolgevano nel primo semestre presso la Scuola Ostetrica, mentre nel secondo presso la Clinica Ostetrica, dove le allieve dovevano rimanere giorno e notte.

Anche la modulistica prestampata rispecchia l’eccezionalità della presenza femminile, rimanendo al maschile almeno fino al 1877, e comportando la correzione più o meno costante.

Sarà solo con il “Regolamento delle scuole di ostetricia per le aspiranti levatrici”, approvato con il R.D. 10 febbraio 1876 n. 2957, che verrà dato un nuovo assetto a tale formazione. Venne prevista una specifica scuola nelle città sedi di università, con possibilità di costituirne anche in quelle prive purché sostenuta dagli enti locali e appoggiata ad un reparto ospedaliero di maternità. Tutte sono soggette all’università competente per territorio, a cui compete l’emanazione del titolo professionale. All’Università di Padova sono sottoposte tutte le scuole esistenti o che dovessero essere create nelle province del Veneto, di Udine e di Mantova. Così la Scuola di ostetricia di Venezia, sorta nel 1771, viene pareggiata a quella padovana e posta sotto il controllo universitario. In seguito si aggiungeranno le scuole di Verona (1920), Trieste (1922), Udine (1931) e Bolzano (inizio anni Cinquanta del Novecento).

Per l’ammissione al corso, ora di durata biennale, “le aspiranti debbono essere sane, non affette da imperfezioni fisiche che le rendano deformi o non atte all’esercizio dell’arte”. Devono inoltre presentare un certificato di buona condotta rilasciato dal Comune e un certificato di vaccinazione. Le donne maritate devono inoltre presentare l’assenso del marito.

Con il R.D. 19 gennaio 1928 n. 407 il percorso formativo è portato a 3 anni. Con la successiva Legge 25 marzo 1937 n. 921 le scuole di ostetricia esistenti in città non sede di università diventano Scuole autonome, pur continuando a dipendere per l’emanazione del titolo dall’università competente. Tale organizzazione rimarrà fino al 1975, quando il passaggio del Sistema Sanitario passerà alle Regioni, e la formazione delle ostetriche nel frattempo diventerà un diploma universitario a tutti gli effetti. Questi cambiamenti comporteranno la chiusura delle Scuole autonome.

Nel frattempo la componente femminile nell’Università divenne più cospicua, e già dai primi anni del Novecento si avranno le prime donne laureate. Si dovrà attendere di più per la presenza nel corpo docente, se si escludono i livelli più bassi, dove le donne inizieranno a dare il loro contributo alla formazione universitaria. Anche in questo caso sarà proprio a partire dall’ambito della formazione ostetrica, nella seconda metà dell’Ottocento, che si avranno le prime levatrici assistenti.

Infine, dai documenti d’archivio risulta il coinvolgimento della figura dell’ostetrica nelle vicende storiche del territorio in cui si trova ad operare; tra queste la prima guerra mondiale, e in particolare nei fatti seguiti alla rotta di Caporetto.

Diplomate padovane di fine Ottocento verranno coinvolte anche nel fenomeno migratorio verso il Sud America. È il caso di Giovanna Cova, diplomatasi a Padova nel 1892, che emigrerà in Argentina dove eserciterà la propria professione, vedendo riconosciuto il suo titolo nel 1898 dall’Università di Santa Fè.